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Spettri di carne
Ne sono ormai circondata. Sono ovunque, non posso più resistere alla vista dei lori ghigni macabri e spenti di ogni emozione che sia di questa Terra.
A questo punto non mi resta altro da fare, se non pensare che è tutto un incubo. Che mi sveglierò. Che mi ritroverò con i capelli incollati alla fronte sudata, col cuore che sembra scoppiare dal petto, ma consapevole di essere lontana da ogni pericoloso incubo, dalla paura che temo di avere ogni qualvolta mi si ripresentano. Loro mi parlano, mi scrutano, mi avvinghiano, mi toccano, mi odono. Loro sono tutto quello che una normale anima rifugge, disperatamente cerca di non conoscere mai nella vita.
Loro sono l'orrore.
Sto scrivendo queste parole con mano tremante e malferma, sudando come una fontana, mentre la penna quasi mi scivola dalle mani.
Potrei morire, lo sento. Sento l'alito gelido e forte della Morte sulla mia pelle. Potrei sprofondare nell'oblio, ma è fondamentale per me che nessuno possa dimenticare quello che sto provando. Un giorno qualcuno comprenderà.
Sono rinchiusa nel bagno di casa mia, loro mi hanno raggiunta pure fin dentro la mia dimora, che fino a poche ore fa era il luogo nel quale poter rifugiarmi da loro, sicura che in questa prigione d'oro avrei potuto trovare solo riposo e sicurezza. Ero sicura che non avrebbero potuto intaccare la mia già vacillante salute mentale, non qua dentro. Sarò stata evidentemente troppo ottimista, perché adesso hanno trovato anche la mia casa.
Mi perseguitano, mi vogliono morta, vogliono trasmettermi quel potentissimo virus che hanno in corpo, e vogliono farlo uccidendomi.
Ma adesso sto divagando, deve restare una testimonianza, una prova che faccia capire in futuro alla gente, se ce ne sarà in grado di comprendere; che sono savia, che le mie continue paure sono soltanto frutto di oggetti reali.
È cominciato tutto sei mesi fa.
Era una sera d'estate, nell'aria si potevano percepire i dolci odori tipici delle serate estive, e tutto era contornato dal suono ripetitivo ma mai stancante del canto delle cicale.
Mi trovavo in uno stato quasi totale di serenità, e mi preparavo per uscire. Dopo un bagno caldo(ma non troppo) all'essenza di muschio bianco, mi sentivo bella come una dea, così indossai lentamente il mio vestito rosso, mi truccai leggermente, un po' di matita nera e un pizzico di fard, e uscii.
Sotto casa ad aspettarmi c'era lui, Giorgio, più bello che mai, mi accolse con un sorriso smagliante. Feci Pochi passi verso la macchina, quando li vidi.
Erano sei, ma sembravano una cosa sola.
La cosa più spettrale e terrificante che abbia mai visto. Venivano verso di me, sembravano desiderosi del mio sangue, della mia carne.
Mi aggrappai convulsamente a Giorgio urlando con tutta la forza che avevo in corpo, mentre gli indicavo con l'indice quelle figure aliene a questa terra.
Ma inaspettatamente George parve non capire, probabilmente pensò che fossi uscita fuori di senno, perché mi guardò con uno sguardo fra il divertito, il preoccupato e il vergognato, e mi spinse velocemente dentro la sua automobile, facendomi sedere sul sedile, accanto a lui.
Gli spiegai ciò che vidi, ma lui mi assicurò che non c'era niente, assolutamente niente di quello che avevo visto in quel momento.
Atterrita mi feci riportare a casa, avevo bisogno di rinsaldare i miei nervi.
Quella fu la prima di una lunga serie di questo genere di visioni. Andarono avanti fino ad ora, dapprima con frequenza di una volta per settimana, finché da una volta si passò a tre, quattro, sei, sette volte. Ogni giorno. Da due mesi a questa parte li vedo ogni giorno e ad ogni ora.
Stanno urlando, sento rumori dietro la porta, sono sempre di più, sono sempre più forti.
Mi alzo da terra, mi sciacquerò un poco il viso.
Giro la manopola del rubinetto. L'acqua sgorga fresca e purificatrice sulle mie dita, sulle mie labbra, sul mio viso. Mi sento un po' meglio.
Quasi non odo più quelle urla forsennate e quel rumore incessante di colpi che battono le pareti. Forse, se ne sono andati.
Improvvisamente mi sento meglio, sento di esser stata una pazza a pensare a quelle cose. Allucinazioni, ora ne sono sicura, avevano ragione tutti quanti, e io che non volevo farmi curare!
Ma adesso sono guarita, no?
Sorrido alla figura riflessa nel grande specchio sopra il lavandino. Il mio cuore si contorce dal terrore, i miei occhi quasi non vogliono credere a ciò che vedono, il dolce sorriso si è trasformato in un ghigno malefico, ma senza nessuna emozione. Gli occhi penzolano fuori dalle orbite, rossi di sangue, e le orbite sono cave, di un nero ipnotizzante.
Il naso si è ridotto a due cavità vuote e il viso è privo di ogni elemento che lo faccia pensare come vivo. La pelle sta attaccata alle ossa quasi per miracolo, ma non c'è parvenza di carne e aprendo la bocca mi accorgo che le gengive sono bianche e scarne.
I capelli, prima folti e rossi, sono spelacchiati e malridotti, in alcune parti della cute sono mancanti, sembrano strappati e tirati con violenza. Getto un urlo.
Sono diventata come loro, sono diventata ciò che più temevo, sono uno spettro. No, sono uno zombie. Sono una morta vivente.
Sono un mucchio di ossa. Adesso non ho più paura di affrontare i miei simili, apro la porta, vado in cucina e trovo un signore e una signora, ridotti a pelle verdognola e ossa che sono seduti a tavola. Resto sulla soglia, finché la donna dopo avermi squadrata mi sorride e dice con voce stridula:
"Cara, sei tornata allora, dove ti eri cacciata? Non dirmi che Hai ancora quelle stupide allucinazioni. Leggi troppi romanzi dell'orrore, secondo noi. Vieni qui, la cena è a tavola, ho fatto la carne che ti piace tanto. Non stai mai con i tuoi poveri genitori!"
Mi siedo. La tavola è imbandita con posate, bevande e vivande d'ogni genere. Sul piatto, un po' di carne.
Guardo i miei genitori. L'afferrano con le dita scarne e macchiate di chiazze rosso scuro.
Il sangue cola e cade sul piatto, sulle posate, sulla tovaglia. Poi finalmente, se ne cibano. La strappano a morsi e masticano con gusto.
Li guardo.
Mi padre mi guarda e mostrando i denti insanguinati e il sangue colatogli sul mento dice:
"Suvvia, perché non mangi? È carne umana di polpaccio, la tua preferita".
Ricambio lo sguardo sorridendo. La prendo fra le dita. La mordo. È deliziosa.
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- Questo è un racconto inquietante e la storia è presentata bene. Per quanto riguarda lo stile è meglio non alternare il tempo presente col passato remoto.
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