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La stanza bianca
La notte oscurava la strada, la luce dei lampioni creava dei coni di luce non abbastanza intensi da illuminare l'oscurità rendendola invece più fitta alla vista.
Daniele camminava in silenzio ripensando alla serata, sapere che Luca e Alissa si volevano sposare l'aveva reso allegro, erano insieme da otto anni e tutti sapevano che erano anime gemelle, quei due.
Proprio mentre sorrideva a quel pensiero scorse una figura sotto un lampione, era distante e non si poteva distinguerne i tratti del viso, indossava una giacca lunga marrone e un cappello a tesa larga.
Daniele era innervosito da quella presenza non perché fosse minacciosa, ma per il fatto che in quella strada difficilmente passava qualcuno oltre a lui, essa portava direttamente a casa sua nel mezzo del niente.
La figura si mosse uscendo dalla luce del lampione e diventando invisibile nella notte.
Il ragazzo continuò a camminare ma in maniera rigida a causa della diffidenza, all'improvviso si fermò. L'altra persona non era apparsa sotto la luce del lampione successivo e non se ne sentivano nemmeno i passi.
Daniele era solo sotto una luce che non faceva vedere al di fuori del suo raggio di illuminazione e con una persona sconosciuta nella notte vicino a lui. In quel momento gli vennero alla mente le tante sparizioni avvenute in città e del mistero dietro ad esse; la polizia non sapeva chi ne fosse l'artefice e che fine facessero i corpi, semplicemente le persone sparivano nel nulla.
Sentì una goccia di sudore percorrergli il collo, temeva di uscire dal cono di luce ma anche di rimanere li immobile sotto lo sguardo dello sconosciuto.
Strinse i pugni e decise di correre più velocemente possibile fino a casa.
Appena si mosse per fuggire senti un grosso peso dietro la nuca e svenne.
Quando Daniele rinvenne si ritrovò a fissare un soffitto a lui sconosciuto.
Era legato ad un lettino con dei lacci di cuoio alle mani e ai piedi, la stanza, completamente bianca, era illuminata da luci al neon che creavano un atmosfera fredda e asettica.
Vicino al lettino vi era un carrello con un vassoio pieno di bisturi, pinze e altri oggetti chirurgici. La stanza non aveva mobili e le pareti erano vuote se non per l'unica porta bianca.
<<Aiuto>> urlò Daniele inutilmente.
La porta si aprì e nella stanza entrò un uomo con addosso una maschera che copriva la bocca e degli occhiali da sole per gli occhi, indossava un vestito completamente bianco e in testa aveva una cuffia dello stesso colore.
<<Chi sei? Cosa vuoi da me?>> chiese balbettante Daniele mentre cercava di strappare i legacci di cuoio.
La figura lo guardò dall'alto al basso in silenzio, prese dei guanti in lattice e inizio ad indossarli lentamente assicurandosi che fossero comodi e sistemati correttamente.
<<Ti prego non farmi nulla>> implorò piangendo Daniele.
L'uomo estrasse da una tasca una siringa contenente un liquido verde, e fissando negli occhi la vittima, lo iniettò <<non ti perderai neanche un secondo>> subiito dopo iniziò a far scorrere la mano sui vari strumenti posati sul vassoio girandosi ogni tanto per osservare il petto di Daniele.
<<Ti prego no>> disse piangendo il ragazzo mentre agitava le gambe nell'inutile tentativo di liberarsi.
L'uomo prese un bisturi e si avvicinò a Daniele posando la mano libera sul petto per bloccarlo, aveva una forza incredibile perché il prigioniero non riusciva a muoversi.
Avvicinò la lama all'addome e incise un piccolo taglio molto profondo.
Daniele gemette per l'intenso dolore e le lacrime gli sgorgarono sempre più dagli occhi e così fece anche il sangue dal taglio.
Il carnefice sollevo il bisturi e osservò il volto del ragazzo come per osservare gli effetti del dolore, successivamente riabbassò il bisturi reintroducendolo nel taglio e iniziò ad allargarlo sempre di più fino ad aprire l'addome da un lato all'altro.
Il dolore era insopportabile e Daniele urlò, cercava di muoversi ma la pressione della mano dell'uomo era troppo forte e non riusciva a fare nulla.
Urlò sempre di più per la paura, il dolore e l'impotenza mentre l'uomo posava il bisturi sul vassoio e prendeva un attrezzo somigliante a delle pinze ma con delle estremità piatte e grandi.
Introdusse lo strumento nel taglio e l'allargò, il dolore aumento diventando costante ed intenso.
Quel mostro introdusse la mano nella ferita aperta ed inizio a tastare gli organi, Daniele non sentiva il tocco ma la sensazione di rimescolamento e spostamento degli organi unita al dolore.
Improvvisamente tirò con forza la mano fuori dal ragazzo, in essa artigliava quello che sembrava un rene.
Daniele gridò e svenne dal dolore ormai insostenibile.
Il ragazzo si risvegliò in camera sua, alzandosi di colpo per lo spavento, era madido di sudore e respirava affannosamente. Portò una mano alla testa mentre con gli occhi sgranati si guardava attorno riconoscendo le sue cose e l'ambiente familiare.
Ributtandosi nel letto iniziò a ridere nervosamente, era tutto un incubo!
Rise in maniera sempre più forte per poi piangere scosso dal sogno.
Quando non riuscì più a piangere si alzò per andare in cucina a bere un bicchiere d'acqua, sentiva la gola secca, tremante si diresse alla porta della stanza e l'aprì.
Si ritrovò nella stanza bianca con il tavolo, su quel ripiano c'era lui e al suo fianco l'uomo vestito di bianco che incideva il petto del ragazzo.
Daniele spalancò gli occhi e senti un dolore all'addome e al petto, abbassò lo sguardo e vide sulla maglietta bianca apparire due macchie rosse che si allargavano.
Era quello il sogno.
Spalancò gli occhi e si ritrovò sul letto mentre il suo carnefice stava introducendo la mano nel petto appena aperto.
Daniele provò ad urlare ma aveva perso troppo sangue e non riusciva più a respirare bene, troppo lentamente nel dolore lancinante la sua vista si offuscò e venne l'oscurità con la sua tranquilla e silenziosa insensibilità.
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