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Dal paese alla città
Era l'estate dell'anno 1952, le scuole erano chiuse da qualche settimana e Angelino con il fratello più giovane Mariano, la sorella Elda di poco più vecchia e la mamma, erano pronti per partire dal piccolo paesino fra i monti in provincia di Belluno per raggiungere il papà, Fortunato, che da qualche anno lavorava a Bolzano. Quella partenza programmata da mesi, aveva un grande significato costituiva la svolta che avrebbe cambiato le sorti della famiglia.
La vita al paese era difficile in quegli anni: i bambini da crescere e i soldi che non bastavano mai.
La decisione di andarsene fu molto sofferta, ma il papà dopo anni di sacrificio, non se la sentiva più di stare lontano dalla moglie e dai figli. E poi - diceva - in città ci sono tante scuole e migliori condizioni anche per i figli che un domani avrebbero più facilmente trovato un impiego. Fortunato, dopo aver cercato a lungo invano, era riuscito finalmente a trovare una sistemazione per i suoi cari all'ultimo piano di un vecchio palazzo, un tempo sede del Circolo Ufficiali, ora occupato da numerose famiglie povere. Aveva rimediato un alloggio sulla terrazza all'ultimo piano e lo aveva predisposto meglio che poteva. Con pochi mattoni costruì una parete che divideva due locali: la cucina-camera dei genitori dalla stanza dei bambini, fece un tetto con la carta catramata, mise una vecchia porta e una finestra che si affacciava sul chiosco di un antico convento di frati cappuccini. Nell'unico gabinetto, situato a piano terra senza acqua corrente e in comune con tutti gli altri inquilini, c'era una vecchia turca ingiallita...
La decisione di partire fu presa e così la mamma chiese a Bepi, unico in paese a possedere un mezzo adeguato ad un trasloco, di portare lei, i figli e qualche masserizia da mettere nella nuova dimora, a Bolzano. Bepi possedeva un furgone FIAT 1100 con il cassone dietro, faceva il fruttivendolo e si spostava tutti i giorni da un paese all'altro del Cadore. Fu ben lieto di mettere a disposizione il proprio mezzo solitamente adibito a negozio e la sua abilità di autista...
Finalmente giunse il giorno tanto atteso... Angelino e il fratello più piccolo Mariano, si trovarono seduti sopra al cassone, uno di fronte all'altro. Fra di loro al centro del bilico era stata sistemata la stufa vecchia e arrugginita ma ancora funzionante, dove la mamma e prima di lei la nonna avevano cucinato, qualche materasso imbottito con le foglie secche del grano turco, alcune pentole e un baule dove erano riposti gli indumenti. La mamma con la sorella sedevano in cabina al fianco di Bepi.
Angelino aveva il compito di sorvegliare il gatto e Mariano quello di tenere ben stretta la maniglia del baule che fungeva anche da porta e poteva essere rimosso per far scendere i ragazzi e che, con gli scossoni, si sarebbe potuto muovere. Tutto era stato caricato alla perfezione come in una specie di incastro.
Il sole era ormai tramontato: la partenza era stata decisa per quell'ora poiché l'autista preferiva guidare di notte.
-"Si parte" - annunciò solennemente Bepi, che in quel frangente si sentiva molto importante.
La grande eccitazione dei giorni precedenti lasciava adesso spazio a un forte sentimento di nostalgia. La mamma tratteneva a stento le lacrime mentre salutava i parenti e posava un ultimo sguardo sulla facciata della loro casa, i bambini stavano zitti e salutavano con la mano i compagni di tanti giochi spensierati fatti per le strade del paese.
Da piccoli si pensa che nulla debba mai cambiare, e nemmeno in sogno si oltrepassano i confini del mondo conosciuto... Ora invece improvvisamente, Angelino, Mariano e Elda prendevano atto che per loro stava iniziando una nuova, grande avventura che li vedeva lontani dal luogo in cui erano nati.
Bepi mise in moto il vecchio furgoncino, che sembrò tossire: la mamma piangeva, qualcuno per strada salutava con la mano gridando -"Buona fortuna a voi!"-
I due ragazzi seduti dietro guardavano la strada, le case, la piazza, la chiesa del paese natio, fino a quando dietro di loro scomparve anche il campanile. Tutto sembrava irreale, fuorchè gli scossoni provocati dalle buche sulla strada che facevano sobbalzare il mezzo.
Nel forno della vecchia stufa era stata sistemata la gabbia con il cardellino Checco e, acciambellato accanto a Angelino, stava il gatto di casa Romeo.
La mamma aveva raccomandato ai due ragazzi di fare molta attenzione perché il gatto avrebbe potuto mangiarsi il cardellino oppure scappare.
Quando raggiunsero Passo Cimabanche era ormai notte fonda. L'acqua di raffreddamento del motore stava bollendo ed era necessaria una sosta per aggiungerne altra, fredda. La sosta fu molto gradita a tutti e cinque i viaggiatori che così poterono espletare le proprie funzioni fisiologiche e sgranchire un po' le gambe.
Dopo circa mezz'ora il viaggio riprese. Il gatto puntava con gli occhi il cardellino e azzardava una mossa ma veniva immediatamente bloccata da Angelino il quale lo immobilizzava con una presa più forte alla collottola. Checco ignaro del pericolo, se ne stava lì in un angolo della sua gabbietta.
Il viaggio fu interminabile: di tanto in tanto una sosta per raffreddare il motore e sgranchire un po' le gambe, poi si ripartiva. Nessuno aveva voglia di parlare, l'autista di tanto in tanto fischiettava... Finalmente giunsero le prime luci dell'alba. Bepi accostò per chiedere a un assonnato spazzino quanti chilometri mancassero ancora per arrivare a Bolzano. La risposta confortò tutti: mancavano circa venti chilometri e la destinazione si trovava proprio sulla stessa strada, arrivando in città da nord.
Poco dopo infatti apparvero le prime case della città e la strada proseguiva parallela alla ferrovia. Improvvisamente Elda si mise a gridare:-"Il papà, il papà"- Ed era proprio lui, Fortunato, lì ad attendere accanto al cartello sul quale era scritto "Bolzano"
L'emozione fu grande, la stanchezza sparì improvvisamente, dissolta nella gioia di ritrovarsi.
Bepi condusse la famiglia fino davanti alla casa, aiutò a scaricare le masserizie dal furgone. Fecero poi colazione tutti insieme al bar vicino. Seguirono i saluti e i dovuti ringraziamenti per l'eccellente servizio e la famiglia finalmente riunita, guardò il furgone girarsi e ripartire. Salutando con la mano seguirono il furgoncino con lo sguardo finchè sparì dalla vista. Fu quella l'ultima volta che videro Bepi.
Angelino teneva stretto il gatto, Mariano reggeva al gabbia del cardellino e tutti insieme salirono le scale che portavano in terrazza. Con l'aiuto di altri inquilini del palazzo in poco tempo furono di sopra anche i materassi, la stufa e il baule e per la famiglia iniziò così una nuova vita.
Nei giorni seguenti i ragazzi esplorarono i dintorni e divennero amici di altri ragazzini che abitavano nella zona. Romeo gironzolava sui tetti, a volte scendeva le scale e girava per i cortili.
La gabbietta di Checco fu appesa al muro con un chiodo fuori dall'unica finestra.
I giorni trascorrevano serenamente: il papà si recava al lavoro, la mamma si dedicava alle faccende di casa, i ragazzi davano una mano come potevano e trascorrevano il tempo giocando in terrazza o in cortile con i nuovi amici.
Dopo qualche tempo Angelino si accorse che Romeo era sparito; lo cercò sulle scale, in terrazza, nei cortili, chiamandolo, ma del gatto nemmeno l'ombra. Le ricerche continuarono per giorni, senza successo. Un mattino, passando davanti al giardino dei frati cappuccini Angelino vide Romeo sdraiato al sole, lo chiamò. Il gatto per tutta risposta lo guardò per lunghi istanti e poi corse via, entrando nel convento. La stessa scena scena si ripeteva quasi ogni giorno: Romeo dimostrava di riconoscere Angelino, ma preferiva la nuova sistemazione trovata, evidentemente vitto e alloggio erano migliori...
Ormai rassegnato a questo stato di cose, Angelino si accontentò di salutare Romeo passando vicino al convento.
Il tempo passava e i ragazzi iniziarono a frequentare la scuola in città.
Un pomeriggio di novembre era già buio quando la mamma sentì un rumore alla porta, andò ad aprire e con suo grande stupore, si trovò davanti il gatto. Lo fece entrare e si accorse immediatamente che l'animale era ammalato. Lo sistemò dentro una cesta, lo coprì con dei panni caldi e lì Romeo si addormentò, per sempre... Il giorno dopo papà Fortunato lo prese, lo mise dentro un sacco e lo portò via. Era tornato per morire fra le persone che lo amavano e con lui se ne andò anche un pezzetto di quella vita iniziata fra le montagne del Cadore.
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