Prima del ponticello il gatto si nascose dietro ad un cespuglio.
La vista di quello strano gatto con la coda gonfia non lo faceva star tranquillo.
Quello si muoveva verso la città; lui andava in direzione opposta: lasciava la città per la campagna.
Via dal lusso, dall'abbondanza di cibo guadagnato con le fusa; era ora di tirar fuori le unghie.
La seconda parte della propria vita doveva esser vissuta da animale "vero"; in maniera selvaggia.
Fu accolto come un estraneo invasore; tutte le zampate andarono a segno ed il muso rimase per sempre segnato da vistose cicatrici, alla Ribéry.
Non tornò mai indietro, ma mai più si sentì al sicuro, tanto da esser costretto a cambiare spesso dimora, come un pentito di mafia, ma senza la scorta.
L'altro animale, quello del ponticello in direzione città, era una volpe.
Lei si sentiva intellettualmente superiore agli altri animali coi quali aveva, fino ad allora, vissuto.
Cercava stimoli nuovi, la possibilità di esprimersi appieno.
Capì subito, però, che, in città, l'altro animale, l'assoluto dominatore, oltre che furbo era anche stronzo, perciò dominava.
E non lasciava spazio a nessun altro animale che non gli fosse utile, in qualche modo, per la guardia, come antistress o di compagnia.
Topi, formiche, ragni, ad esempio, che stupidi non eran di certo, ne sapevano qualcosa.
Finì in un salotto buono (almeno quello), imbalsamata e rivolta, con lo sguardo fisso, verso una splendida e ricca libreria.