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Il Bianco Cristallo

Edward staccò le dita stanche dalla tastiera della macchina da scrivere, spense la luce sullo scrittoio e andò verso il letto accendendo l'abat jour, il suo romanzo, il suo primo romanzo era quasi finito, e un involontario sorriso di autocompiacimento era come stampato sul volto di Edward.
Ormai l'ora era tarda per continuare, ma entro il giorno seguente il romanzo sarebbe stato pronto.
Si coricò e la stanchezza ebbe presto la meglio, nella notte sognò il suo romanzo, le scintillanti navi spaziali che orbitavano intorno al lontano pianeta Arkin, le città dei robot arroccate sulle rocce roventi e quella società meccanica che aveva appena iniziato la propria evoluzione, già cominciava a sviluppare aspetti analoghi a quelli della razza umana, i robot pensanti avevano un enorme potenziale, e il romanzo di Edward immaginava cosa potessero fare con quel potenziale, una società apparentemente ricalcata dal modello umano, ma deviata in più punti essenziali.

La mattina seguente si svegliò intontito, si alzò barcollando e si trasportò davanti il bagno, poi appoggiò la mano sulla piastra di riconoscimento digitale sulla porta del suo bagno personale, con un clic la bianca e lucida porta si aprì e Edward entrò.
Si tolse tutti i vestiti ed entrò sotto la doccia, l'acqua calda avrebbe solo potuto peggiorare il suo stato, quindi decise di farla uscire fredda, decise inoltre, scorrendo le dita sul pannello digitale all'interno della doccia, di ascoltare l'overture 1812 di Tchaikovsky; il suono non era un problema, il suo bagno e la sua stanza erano fonicamente isolati dal resto dell'appartamento che divideva con i suoi genitori, non c'era pericolo di svegliarli.
Dopo aver finito di rinfrescarsi, una mezzora dopo, guardò allo specchio il proprio attraente volto da sedicenne contornato da capelli biondi allo specchio, si asciugò, e tornò nella propria stanza.

In cucina un robot aveva già preparato la colazione, e aveva recapitato ai genitori di Edward
la loro nelle rispettive camere, ma Edward aveva dato precise istruzioni al robot di lasciare la sua in cucina, perché non voleva spargere molliche per tutta la sua stanza, e non voleva che nessuno vi entrasse per pulirla, era il suo piccolo nido privato, segreto come la sua mente agli altri esseri umani. Per questo non teneva robot pensanti lì dentro.
Come tutti gli adolescenti però, sognava di poter condividere con qualcuno quel piccolo mondo segreto, la sua mano si fermò con la fetta di pane imburrata sospesa in aria, immobile, i suoi occhi persi nel vuoto videro l'immagine di Elisa, i suoi grandi occhi verdi e quel sorriso radioso.
Si risvegliò scuotendo la testa, non poteva passare la mattinata sognando, c'era del lavoro da fare. Tornò in bagno per lavarsi i denti, poi andò davanti la sua cara macchina da scrivere per completare la sua opera, ma dopo il primo rigo qualcosa andò storto: la E era incastrata, ma non lo era nessuna delle lettere vicine, quindi probabilmente era qualcosa di più serio del normale incastrarsi delle stecche dei caratteri. Uscì dalla stanza e andò nello sgabuzzino, che aveva le dimensioni di una camera normale, e prese la cassetta degli attrezzi, che lui si ostinava a tenere in casa, nonostante suo padre gli ripetesse continuamente che il robot di casa era in grado di riparare tutto.

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1 commenti:

  • Lorenzo Tomaselli il 22/07/2011 23:52
    e qui trovate il file in PDF http://www. 2shared. com/document/-CDwwgrL/Il_Bianco_Cristallo. html

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